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ELETTROMAGNETISMO ED ACQUA

ELECTROMAGNETISM & WATER

VERSIONE STAMPABILE

45° CONVEGNO INTERNAZIONALE AICARR, 02 marzo 2006 – FIERA di MILANO RHO EXPOCOMFORT; ESTRATTO dagli ATTI del CONVEGNO 



Elettromagnetismo ed acqua


Electromagnetism and water


PIER MARIA BORIA


Fisico Progettista - Tecnoline S.R.L. Milano


Riassunto

L’applicazione di dispositivi anticalcare elettromagnetici alle tubazioni delle reti di distribuzione dell’acqua rappresenta una tecnica che necessita ancora di una adeguata trattazione scientifica.
Tale trattazione, di natura squisitamente fisica, deve essere in grado di chiarire le reali interazioni tra i campi applicati ed i sali disciolti (soprattutto di Calcio e Magnesio) onde giustificarne in modo soddisfacente gli effetti.
Abbiamo avuto modo, nel corso degli ultimi dieci anni, di dedicare all’argomento molte applicazioni sperimentali nelle più diverse condizioni pratiche: dalla caldaia a vapore in acciaieria, alle macchine per caffé (e per quest’ultime si è giunti addirittura ad applicazioni di dispositivi elettromagnetici in linea, in fabbrica), dalle industrie alimentari e dalla casa di cura allo scambiatore di calore industriale, dal condominio e dalla piscina alle torri evaporative.
Iniziando dallo studio degli effetti di azioni fisiche ottenute applicando dispositivi “attivi” (cioè alimentati) siamo in grado di giungere alla comprensione del modus operandi dei sistemi “passivi” (rappresentati in sostanza dai sistemi a magneti permanenti) sui quali ultimi tutt’ora aleggiano fantasiose teorie, assai poco scientifiche!
Secondo la nostra teoria, che qui svilupperemo, in ogni caso è fondamentale distinguere tra due tipi di cristallizzazione: “omogenea” ed “eterogenea” ed indicheremo con quali accorgimenti si possano favorire.
Usufruendo del fenomeno vorticoso caratteristico dei cambiamenti di direzione delle vene fluide (doppio vortice di Nekrassov), abbiamo analizzato il principio fisico di funzionamento dei sistemi passivi (magneti permanenti).
Una parentesi che ci sembra interessante è stata dedicata ai promettenti effetti antibatterici delle onde elettromagnetiche nell’acqua osando, infine, introdurre l’ipotesi che i magneti permanenti, portati a contatto di pelle, potrebbero influire sul movimento degli ioni e delle sostanze dipolari contenute nei vasi sanguigni arteriosi e venosi.


Abstract

The application of electromagnetic antiscale devices in piping systems for water distribution is a technique that needs an appropriate scientific discussion.
This discussion, obviously based on use of physical tools, must explain the true interactions between the applied fields and the melted salts (overall Calcium and Magnesium) in order to justify its effects satisfactorily.
In these last ten years, many experimental applications in several practical conditions we have dedicated to this subject: from steam boilers in steelworks to coffee machines (and for these last ones in line electromagnetic devices in factory have been applied), from food industries and from nursing homes to industrial heat exchangers, from apartment buildings and from swimming pools to evaporation towers.
Beginning from the study of the effects of physical actions obtained by the application of “active” devices (that’s electrically fed) we can understand the way of working of “passive” systems (rapresented by systems with permanent magnets). Nowadays many fantastic but not so scientific theories about these passive systems flutter.
According to the theory that will be developed is fundamental to make a distinction between two kind of crystallization: the “homogeneous” and the “heterogeneous” crystallization. Furthermore, we will say which contrivance they can be controlled with.
Using the whirling phenomenon characterising direction changes of fluid veins (Nekrassov’s double vortex), the working principle of passive systems (permanent magnets) has been analysed.
An interesting parenthesis has been dedicated to the promising antibacterial effects of electromagnetic waves in water daring, finally, to introduce the hypothesis that permanent magnets, if in contact with the skin, should influence the movement of the ions and dipolar components of blood inside arterial and venous vessels.


1. Premessa

Il problema della formazione (e relativa eliminazione) delle incrostazioni calcaree all’interno delle condutture d’acqua ed in particolare degli scambiatori di calore è da sempre all’attenzione dei ricercatori.
Il mercato offre diverse soluzioni che potremmo suddividere in due gruppi: metodi chimici e metodi fisici.
A metà strada si potrebbero collocare gli addolcitori con resine a scambio ionico ed anche i sequestratori dei cristalli precipitati tramite l’iniezione di polifosfati: certamente al metodo chimico appartiene la decalcificazione con attacco di acidi. In ogni caso i trattamenti chimici vanno visti con sospettosa cautela se non altro perché implicano il problema dei problemi: lo smaltimento dei prodotti di reazione.
Quando, poi, i trattamenti chimici sono applicati all’acqua per uso umano, ai problemi ambientali vanno aggiunti quelli salutistici: basti pensare agli ioni Na+ che sostituiscono gli ioni Ca++ e Mg++ nell’acqua addolcita con le resine cationiche. Anche se le concentrazioni sono modeste le persone cui si addice una dieta con poco Sodio sono costrette a trovarseli anche nel caffé!
Tra i metodi fisici ricordiamo gli osmotizzatori, che regnano incontrastati nel campo della dissalazione, e si stanno imponendo anche nei piccoli impianti ad uso industriale con macchine compatte ed affidabili.
Negli ultimi anni, poi, si è assistito ad una proliferazione di sistemi magnetici, necessariamente intrusivi (è necessario installarli al posto di un tratto di tubazione dell’impianto), elettricamente alimentati e non (magneti permanenti).
Si tratta di sistemi che tutti gli installatori conoscono e di cui si è in attesa di esaurienti spiegazioni sul modus operandi (ci è tutt’ora ben presente un appello in proposito del prof. Garlaschelli dell’Università di Pavia): infatti la popolare asserzione secondo cui l’attraversamento di un campo magnetico (intenso quanto si vuole) da parte di acqua allo stato naturale (non sovrasatura, tipo quella di acquedotto) implichi sic et simpliciter una cristallizzazione del Carbonato di Calcio nel sistema rombico (aragonite) piuttosto che esagonale (calcite), in tempo successivo e luogo diverso del circuito (anche ad acqua ferma), francamente ci lascia assai dubbiosi.
D’accordo con quanto detto in premessa, in base ai risultati acquisiti in decennali esperienze sull’argomento, riteniamo di avere trovato una corretta interpretazione della fisica del fenomeno: a nostro avviso ciò che conta non è la forma in cui cristallizza il polimorfo Carbonato di Calcio (aragonite/calcite), ma è il tipo di cristallizzazione (omogenea/eterogenea).


2. La formazione dei cristalli: cristallizzazione omogenea ed eterogenea

Un fatto relativamente sorprendente è che l’aumento della temperatura dell’acqua implichi una minore solubilità dei sali in essa disciolti.
Nell’acqua tal quale sono contenute quantità di Acido Carbonico H2CO3, il quale esercita una lenta azione solubilizzatrice su alcuni minerali, in particolare i carbonati di Calcio e Magnesio, pressoché insolubili in acqua pura (in effetti l’Anidride Carbonica è solo in minima parte combinata con l’acqua sotto forma di Acido Carbonico).
Nel caso del Carbonato di Calcio si ha la reazione di equilibrio 

                                               (1.1)

dove i simboli (s), (l), (g) e (aq) stanno ad indicare rispettivamente sostanze allo stato solido, allo stato liquido, allo stato gassoso e in soluzione acquosa.
Durante il riscaldamento dell’acqua l’equilibrio (1.1) viene spostato verso destra (principio di Le Chatelier–Braun)

                                                (1.2)

Il Carbonato di Calcio CaCO3 che si viene a formare è pressoché insolubile nell’acqua pura (13 mg saturano 1 kg d’acqua a temperatura ambiente) e se, come ordinariamente succede, va in sovrasaturazione, precipita allo stato solido. Parte dell’Anidride Carbonica può lasciare l’acqua in forma gassosa, mentre la restante parte rimane in soluzione (per esempio, a 60°C un volume d’acqua mantiene in soluzione 0,36 volumi di CO2).
E’ proprio la precipitazione dei carbonati di Calcio e Magnesio la responsabile della formazione di incrostazioni nelle caldaie, negli scambiatori di calore, nelle macchine del caffé e in generale in tutte quelle condutture o recipienti in cui l’acqua viene riscaldata.
I carbonati di Calcio precipitati tendono a raggrupparsi per formare i cristalli: il processo prevede sostanzialmente due step (comuni a tutte le cristallizzazioni):
            − formazione (favorita da azioni meccaniche, presenza di impurità etc.) dei primi germi di nucleazione;
            − accrescimento di tali nuclei con la formazione del reticolo cristallino.
E’ noto che possono fungere da centro di cristallizzazione anche delle inclusioni di sostanze estranee presenti nella soluzione o, addirittura, discontinuità, rugosità sporcizie superficiali dell’impianto. In tal caso il Carbonato di Calcio cristallizza realizzando la cosiddetta cristallizzazione eterogenea che riguarda tipicamente le superfici interne dei tubi e degli scambiatori (Figura 1)

                                          
                                        Figura 1) - Cristallizzazione eterogenea sulla superficie interna di un tubo

Poiché tale cristallizzazione eterogenea determina la formazione delle incrostazioni calcaree, fortemente compatte e aderenti alle pareti, l’idea è di provocare in modo forzato la nascita del maggior numero di centri di cristallizzazione in seno al fluido in modo che i cristalli di precipitato si formino nella vena d’acqua realizzando quel che noi chiamiamo cristallizzazione omogenea.
A tal fine sfruttiamo una proprietà elettrostatica del Carbonato di Calcio (comune a molte sostanze solide, liquide o gassose): poiché il baricentro delle cariche negative del composto non coincide con quello delle cariche positive, il CaCO3 è dipolare, e se, all’atto della sovrasaturazione e della conseguente formazione di cristalli, l’acqua è soggetta ad un campo elettrico variabile, le azioni di forza del campo, fanno in modo che ciascun dipolo in sospensione sia soggetto ad un’agitazione meccanica che lo fa diventare un potenziale centro di cristallizzazione favorendo in tal modo la cristallizzazione omogenea.
I dipoli di CaCO3 in seno all’acqua, inizialmente orientati casualmente, sotto l’azione della componente elettrica di un’onda elettromagnetica, si orientano lungo la direzione delle linee di forza del campo; a causa delle reciproche attrazioni elettrostatiche, raggiunta una certa dimensione (intorno ai 50 micron), i dipoli implodono espellendo l’acqua che li separa. Dopo il collasso per implosione i cristalli non crescono più e si depositano come fanghiglia e, se l’acqua è corrente, vengono facilmente trascinati dal flusso, evitando così la formazione di depositi compatti (Figura 2).
Oltre all’effetto anticalcare, il campo elettrico variabile esercita anche un’azione disincrostante sull’esistente: considerato che il carattere dipolare è manifestato anche dagli agglomerati di cristalli formanti le incrostazioni, le forze elettriche sono efficaci anche sui grappoli di cristalli di carbonati già esistenti, “cristalli eterogenei”: il campo elettrico variabile agisce sulle incrostazioni con un continuo “micromartellamento” meccanico che progressivamente tende a sgretolarle. 
                                    

        Figura 2) – Cristallizzazione omogenea: azione del campo elettrico sui dipoli di carbonato:
                            a) orientamento casuale dei dipoli
                            b) dipoli orientati sotto l’azione del campo elettrico
                            c) formazione di un cristallo completo

A questo punto esaminiamo come si possa generare un campo elettrico all’interno dell’impianto idrico in modo da favorire la cristallizzazione omogenea.
A tale scopo distinguiamo due sistemi:
− attivi (o elettrodinamici) caratterizzati dall’avere un’alimentazione elettrica esterna (HydroFlow et similia);
− passivi (magneti permanenti).


3. Sistemi attivi: correnti indotte in un conduttore non omogeneo

Consideriamo un tubo di lunghezza indefinita, contenente acqua, e lo avvolgiamo con un anello di ferrite alimentato da un emettitore di treni d’onda elettromagnetici a frequenza opportuna (100-150 kHz).
Il tubo e l’acqua (con i suoi ioni in soluzione) costituiscono un unico conduttore non omogeneo (Figure 3) e 4)); il flusso concatenato d’induzione magnetica, variabile con la frequenza dell’emettitore, determina una f.e.m. indotta di valore continuamente variabile. 

                                    

                    Figura 3) – Struttura di un emettitore di onde elettromagnetiche tipo HydroFlow

Il lettore potrebbe osservare che a causa della radiofrequenza della corrente elettrica usata, la distribuzione dell’intensità di corrente soggiace all’effetto pelle ma, se cerchiamo il cosiddetto spessore di penetrazione vedremo che nel tubo metallico sarà molto inferiore al millimetro (il che, contrariamente a quanto erroneamente sostenuto da qualcuno, ci interessa poco), mentre nell’acqua l’effetto pelle sarà praticamente inavvertibile (a causa della resistività dell’acqua lo spessore di penetrazione è molto maggiore del diametro del tubo: ci riferiamo ad un’acqua di acquedotto con un valor medio di detta resistività pari a 2,5·10-2 Ω·m) ed il campo elettrico E (Figura 4)) produrrà una corrente elettrica di densità praticamente uniforme in tutta la sezione trasversa della vena fluida.

                                                   

                                            Figura 4) – Schema elettrico funzionale relativo al caso di Figura 3)

Tale campo elettrico eserciterà azioni di forza su particelle di massa diversa: dallo ione Ca++ (peso atomico 40) allo ione carbonato CO3-- (p. m. 60) al composto dipolare CaCO3 (ovviamente p. m. 100) fino a grappoli di Carbonato di Calcio organizzati in cristalli.
Per essere efficaci su particelle di massa tanto diversa è necessario disporre di opportune frequenze adatte alle diverse frequenze proprie degli oggetti con cui interagire.
Per questo l’emettitore produce dei treni d’onda (Figura 5) in cui si riconoscono, oltre alla frequenza propria dell’onda, anche la frequenza di emissione di ciascun treno, che è continuamente variabile per esercitare una maggiore efficacia su agglomerati di diversa massa. 


                                       

                                Figura 5) – Treni di onde emesse da un sistema attivo tipo HydroFlow.


4. Sistemi passivi: gli “acceleratori ionici”

Al fine di ottenere un’onda elettromagnetica all’interno di una tubazione di un impianto reale, possiamo utilizzare gli stessi ioni in seno all’acqua, provocandone opportune accelerazioni.
È noto che cariche elettriche muoventesi di moto accelerato generano onde elettromagnetiche, e irradiano una potenza
               
                                                           

                                                                                                                               Formula di Larmor (non relativistica)   (4.1)
            dove
            − q
è la carica della particella
            − a(t)
è l’accelerazione della particella
            − εo
è la costante dielettrica del vuoto
            − c
è la velocità della luce.

Per poter generare un’onda elettromagnetica, la cui componente elettrica favorisca la cristallizzazione omogenea, occorre quindi accelerare gli ioni presenti in soluzione: come?
In assenza di campi magnetici applicati l’accelerazione degli ioni è dovuta esclusivamente al moto vorticoso del fluido. Tuttavia l’accelerazione di tali particelle può essere notevolmente aumentata, come vedremo, applicando un campo magnetostatico.
Per poter apprezzare l’utilità di tale campo, conviene determinare per poi successivamente confrontare, con semplici esempi numerici, gli ordini di grandezza delle accelerazioni, di natura vorticosa e di natura magnetica, degli ioni in soluzione.
A tal fine consideriamo un circuito idraulico reale aventi le seguenti caratteristiche:
            − diametro tubazione d = 0,1 m;
            − velocità assiale media del fluido w = 3 m/s;
            − regime di moto turbolento (Re>>2300) cui compete il profilo delle velocità riportato in Figura 6). 

                                             


                                            Figura 6) – Profilo di velocità di una sezione longitudinale di un tubo


a) Accelerazioni dovute al solo moto di trascinamento dell’acqua.

Per il calcolo delle accelerazioni dovute al moto del fluido andiamo a considerare ove queste sono maggiori, ovvero in prossimità dei bruschi cambiamenti di direzione.
Facciamo riferimento ad una curva a gomito. Durante il passaggio nella curva, su tutte le particelle del fluido agiscono delle forze centrifughe; poiché, da come si vede in Figura 6)), la velocità non è uguale per tutti i filetti fluidi, risulta che le forze centrifughe (proporzionali al quadrato della velocità ) sono più elevate al centro, fino a divenire nulle a contatto con la parete.
Si ha la nascita spontanea di due vortici simmetrici controrotanti, il doppio vortice di Nekrassov, con conseguente divisione della corrente in due tubi di flusso, distinti, ma coesistenti ed elicoidali (il momento delle quantità di moto era ed rimane nullo, Figura 7)).

                                    

Figura 7) – Doppio vortice di Nekrassov: a) vista in sezione trasversale per evidenziare la forma del doppio vortice
                    di Nekrassov; b) linee di corrente di uno dei due vortici

In prima approssimazione, per apprezzare l’ordine di grandezza delle accelerazioni in gioco, possiamo ipotizzare che le linee di corrente (e quindi gli ioni), dall’inizio del cambiamento di direzione, assumano un moto elicoidale cilindrico di equazioni parametriche (z è la direzione assiale del tubo)

                                                                                                                       (4.2)
            dove
            − r è il raggio medio dei vortici (raggio medio dell’elica)
            − ω è la velocità angolare dei vortici;
            − w è la velocità assiale media del fluido.

In base ai dati precedentemente fissati per il circuito idraulico in esame, possiamo ragionevolmente supporre r ≈ 0,025 m e ω ≈ 130-150 rad/s.
Le componenti dell’accelerazione sono
                                                                                                                     (4.3)

Pertanto il modulo dell’accelerazione (centripeta) cui saranno soggetti gli ioni è

                                                                                        (4.4)

ovvero dell’ordine delle centinaia di m/s2.

b) Accelerazioni in presenza del campo magnetostatico

Consideriamo adesso il caso in cui nell’impianto venga installato un magnete permanete di forma tubolare (Figura 8) che, tramite le proprie espansioni polari, generi un intenso campo magnetico.


                                             


                            Figura 8) – Rappresentazione schematica del magnete permanente

Immaginiamo le seguenti condizioni operative:
− induzione magnetica uniforme e costante B = 0,8 T;
− componete della velocità media normale al campo magnetico w = 3 m/s;
− carica elettrica dello ione Ca++ q = 3,2∙10-19 C;
− massa dello ione Ca++ m = 40∙1,66∙10-27 kg .

Gli ioni in soluzione nel momento in cui entrano nel campo magnetico, saranno soggetti ad una Forza di Lorentz avente modulo
                                    
                                                                                                                                                         (4.5)
a cui corrisponde un raggio di curvatura della traiettoria

                                                                                (4.6)
Il modulo dell’accelerazione risultante varrà
                                                                                       (4.6)
                                       
                                                                                                                                                       (4.7)
ovvero dell’ordine di decine di milioni di m/s2.

Pur nella semplicità dei modelli adottati, abbiamo dimostrato con un esempio numerico che l’accelerazione degli ioni ottenibile con l’utilizzo dei magneti permanenti (caso b) è di molti ordini di grandezza maggiore di quella dovuta al solo moto del fluido (caso a).

Alla luce della (4.1), in cui la potenza irraggiata è funzione del quadrato dell’accelerazione, si evince che, con l’introduzione dei magneti permanenti, vi è la possibilità di generare un’onda elettromagnetica di intensità molto maggiore rispetto al caso a) e sufficiente (come le esperienze pratiche dimostrano) a favorire la cristallizzazione omogenea dei carbonati di Calcio e Magnesio.
Molto interessanti le prove sperimentali realizzate dall’Istituto Breda di Milano, di cui in bibliografia (6), che ben si accordano con le nostre osservazioni e che si presterebbero a maggiori approfondimenti (che, almeno per brevità, omettiamo) soprattutto per la “memoria” che microcristalli sospesi manifestano ad acqua ferma dopo il passaggio nel magnete.
A meno di tali effetti possiamo riassumere i limiti degli “acceleratori ionici” sottolineando che:

− il loro funzionamento è strettamente associato al movimento dell’acqua infatti:

                                                 

− l’intensità del campo elettrico varia casualmente in funzione della topologia dell’impianto e della portata d’acqua, pertanto la loro efficacia è soggetta a condizioni incontrollabili.


5. Avvertenze nell’applicazione

A questo punto facciamo alcune considerazioni pratiche sul come installare i dispositivi che producono le onde elettromagnetiche riferendoci, nelle figure, ai sistemi attivi (tipo HydroFlow) senza dimenticare che anche gli acceleratori ionici sono soggetti alle stesse osservazioni.
Consideriamo la Figura 3): l’anello di ferrite costituisce la zona da cui parte la perturbazione elettromagnetica; questa si dirama con due fronti d’onda nei due versi possibili all’interno del tubo, con intensità che è funzione dell’impedenza incontrata in ciascuno dei due versi.
Come noto è possibile stabilire una analogia formale tra una rete elettrica e una rete idraulica; pertanto nell’ubicare gli emettitori di onde elettromagnetiche è necessario tener presente le leggi di Kirchhoff, facendo in modo (nel limiti del possibile) che i due fronti d’onda incontrino la medesima impedenza.
Per esempio nei rami in cui esista un by-pass Figura 9) per avere una corretta ripartizione del segnale non bisogna posizionare l’emettitore in posizione a (prevarrebbe il “cortocircuito”), ma occorre posizionarlo come in b.

                                    

                        Figura 9) – Esempio di posizionamento di un anticalcare attivo tipo HydroFlow

Un cenno speciale desideriamo riservare agli scambiatori di calore a piastre per almeno due buoni motivi:
        − si stanno largamente diffondendo grazie al prezzo ragionevole, al minimo ingombro e alla facilità d’installazione;
        − tuttavia sono un po’ delicati a causa dei passaggi molto stretti e, quindi, facilmente ostruibili.
D’altra parte gli utenti che non vedono l’ora di finirla con le incrostazioni calcaree, in seguito all’applicazione di dispositivi attivi, che rimuovono anche le incrostazioni esistenti, si dichiarano felici di vedere intasato lo scambiatore nel giro di due o tre settimane dopo l’installazione: “segno che funziona!” dicono.
In effetti, specialmente negli impianti di preparazione dell’acqua calda di consumo, la necessità di frequenti pulizie degli scambiatori a piastre con attacco acido è un’operazione da fare con riguardo (come già accennato), sia per le implicazioni sulla sicurezza di persone e cose, che per la salvaguardia dell’ambiente.
A questo proposito ci permettiamo di consigliare un piccolo accorgimento (che è in ogni caso sempre bene attuare), per consentire la pulizia in equi- e contro-corrente del secondario dello scambiatore.
Consideriamo la Figura 10): l’installazione di due derivazioni intercettabili A e B consente il lavaggio del secondario nelle seguenti condizioni:

        − lavaggio in controcorrente: B e D chiuse, A e C aperte;
        − lavaggio in equicorrente: A e C chiuse, B e D aperte.

La possibilità di utilizzare i due versi di lavaggio, avendo come contropressione la sola pressione atmosferica, spesso permette di risolvere meccanicamente il problema della pulizia. Inoltre con l’applicazione di un emettitore elettromagnetico, l’operazione di lavaggio è più semplice, in quanto il calcare trattato elettrodinamicamente viene facilmente trascinato dal flusso idrico. 


                                             


                Figura 10) - Installazione di una linea per il lavaggio in equi- e contro-corrente su di uno scambiatore a piastre

Con l’applicazione di un dispositivo attivo nella linea riteniamo si possa evitare il ricorso agli acidi evitando le problematiche di sicurezza e smaltimento.


6. L’effetto antibatterico

Secondo studi anche molto recenti, l’applicazione di onde elettromagnetiche su diverse specie di organismi viventi provoca delle alterazioni nella funzionalità della membrana cellulare accompagnate da interazioni negative nella replica dei geni e da distribuzione anomala di alcune proteine (ricerche di Mattson, 1993; Grissom, 1995).
Inoltre secondo diversi lavori di ricercatori indipendenti, tutti convergenti verso le medesime conclusioni, le onde elettromagnetiche manifestano un effetto biocida su varie specie di batteri al punto da suggerirne l’applicazione negli acquedotti cittadini e, in generale, nella disinfezione d’acqua destinata al consumo umano (questo era noto a tutti solo per i quanti ad elevata energia prodotti dalle lampade a spettro ultravioletto).
Le ipotesi avanzate per spiegare i risultati sperimentali (Petracchi, 1967; Chizhov, 1975; Mittenzwey, 1996; Kosted, 1996; Binninger e Ungvichian 1997) postulano che le onde elettromagnetiche perturbino il passaggio del Calcio attraverso le membrane delle cellule alterando il DNA e l’RNA dei microrganismi impedendone la duplicazione e, quindi, la riproduzione.
Le ricerche riguardanti gli effetti dei generatori di onde elettromagnetiche in varie versioni (Stefanini 2002), confermano la possibilità di impedire i vitali processi osmotici che consentono la vita delle cellule, anche se non si è in grado di sapere se tutti i batteri subiscano gli stessi danni (e fino a che punto).
Secondo queste ultime ricerche quando, per effetto del campo elettrico, la membrana semipermeabile di una cellula si elettrizza, viene immediatamente circondata da uno strato di acqua pura; ciò può essere spiegato nel modo seguente: la molecola dipolare dell’acqua secondo la teoria VSEPR (Valence Shell Electron Pair Repulsion) presenta la geometria indicata in Figura 11)


                                          

                                                Figura 11) – Geometria della molecola d’acqua


Nel momento in cui una cellula viene elettrizzata positivamente (o negativamente, a seconda della fase dell’onda nell’istante d'interazione), essa verrà circondata da più strati di molecole di acqua attratti elettrostaticamente come schematizzato in Figura 12) ed aventi una certa stabilità temporale.


                                    

                    Figura 12) – Disposizione delle molecole di acqua attorno ad una cellula caricata negativamente

Questi strati di acqua pura si comportano come un solvente a contatto di una membrana semipermeabile contenente solvente e soluto: per effetto della pressione osmotica il solvente oltrepassa la membrana per diluire la soluzione contenuta all'interno. Si verifica, quindi, un’azione meccanica di rigonfiamento della cellula che ne provoca lo scoppio.
E’ possibile che l’effetto germicida possa essere paragonabile a quello ottenibile con le lampade a raggi ultravioletti perché, anche se il loro effetto è conclamato, esse manifestano la loro azione solo al passaggio della corrente d’acqua nella zona irraggiata, mentre i sistemi attivi agiscono con continuità temporale su tutto l’impianto idraulico e lo interessano in tutta la sua estensione (il raggio d’azione può arrivare a centinaia di metri).
Infatti il tempo di esposizione alle lampade UV è necessariamente limitato (per ragioni geometriche: lunghezza della lampada e velocità assiale) ed anche estremamente variabile perché, dato un certo diametro di tubo (altra costante geometrica del trattamento), il tempo di esposizione ai raggi UV dipende dalla portata d’acqua (variabile funzionale).
Si avrà, quindi, un tempo di esposizione lunghissimo, ad acqua ferma, su una piccola massa d’acqua, e brevissimo a piena portata; ciò che non accade con i sistemi elettrodinamici, che lavorano senza sosta: il moto dell’acqua è, ovviamente, ininfluente sulla loro efficacia.
A questo va aggiunto che i dispositivi elettromagnetici non sono soggetti a decadimenti nel tempo e non necessitano di manutenzione.
Un altro effetto biocida delle onde elettromagnetiche si presenta in forma macroscopica nell’applicazione su tubazioni di torri evaporative favorendo l’eliminazione di funghi, alghe, spore etc., che vi troverebbero un terreno ideale di coltura (vi abbondano umidità, aereazione, temperatura). L’effetto è osservabile ad occhio nudo non solo sulle efflorescenze di maggiori dimensioni, ma anche sui tenui strati di muschio che vi prolifererebbero senza trattamento elettromagnetico; essi passano da un colore verdastro ad una colorazione scura bruno/marrone con conseguente spontanea desquamazione. 


7. Conclusione

A questo punto ci sembra fuori luogo l’insistenza di certa letteratura tecnico-commerciale secondo la quale gli effetti anticalcarei sono dovuti semplicemente al fenomeno del polimorfismo: ovvero cristallizzazione dei carbonati di calcio in aragonite piuttosto che in calcite.
Come abbiamo visto l’efficacia dei sistemi elettrodinamici si manifesta su tre fronti:

− Impedisce la formazione di nuovi depositi calcarei (grazie alla cristallizzazione omogenea);
− Concorre ad eliminare progressivamente le incrostazioni esistenti ripulendo l’interno delle tubazioni e degli scambiatori di calore;
− Contribuisce all’abbattimento della flora microbica opponendosi alla proliferazione batterica (effetto molto utile anche per l’acqua destinata all’uso umano).

Abbiamo redatto una tabella comparativa tra i sistemi più diffusi:

                                 

Ci sembra di poter dire che il sistema attivo di ultima generazione (tipo HydroFlow), ha il maggior numero di virtù. Tra l’altro, essendo non intrusivo, si installa in tempi brevi senza richiedere manodopera tubistica, mentre la scelta della posizione più efficace richiede quel bagaglio di cognizioni tecniche che abbiamo qui illustrato.
Può essere interessante concludere rilevando che la teoria dell’accelerazione ionica qui sviluppata può essere impiegata anche in campo medico in relazione ai casi frequentemente osservati di persone che adottano oggetti magnetizzati a guisa di bracciali o, comunque, a contatto della pelle: le eventuali accelerazioni riguarderanno ovviamente gli ioni circolanti all’interno dei vasi sanguigni.
Beh! Che qualche interazione con il contenuto dei vasi sia possibile ci sembra certo, poi che tale interazione faccia bene o faccia male alla salute non è competenza dello scrivente dirlo!…





Bibliografia

(1) C. Brisi, “Chimica applicata”, Levrotto & Bella Torino, 1991.
(2) B. Nekrassov, “Cours d’hydraulique”, edizione in lingua francese dal russo.
(3) S. Rosati, L. Lovitch, “Fisica Generale vol. 2”, Casa Editrice Ambrosiana, 1996.
(4) P. Silvestroni, “Fondamenti di Chimica”, Masson, 1996.
(5) D. Stefanini, “The effects of AquaKlear on bacteria”, pro manuscripto, 2002.
(6) Istituto Ricerche Breda – Milano: "Rapporto tecnico sull’efficienza di un acceleratore ionico", pro manuscripto, 1994.






Ringraziamenti:

Un particolare ringraziamento va al mio assistente, futuro ingegnere (Politecnico di Torino), Antonio Prochilo (di Siderno Marina – RC) che con tanta devozione ha animato le discussioni che ci hanno aiutato nella stesura di questa relazione. Il suo contributo, caratterizzato da spirito appassionato e scientificamente rigoroso, autorizza a sognare un futuro professionista eccezionalmente serio e competente.
E come non citare, con somma gratitudine, le attenzioni del prof. Mario Ubaldini, del Dipartimento di Elettrotecnica del Politecnico di Milano, cui son ricorso, amabilmente accolto, al fine di meglio chiarire alcuni passaggi della mia ricerca.
Grazie!


P.M.B.